DI
POVERTA' O RICCHEZZA Osservazioni
di ZINA BORGINI Frequentare assiduamente un luogo ben definito, dove
il pensiero di molte si incontra e si fa racconto, narrazione e scambio, significa
abitare un contesto. Per me questo luogo è la Libreria delle donne di Milano.
Sono parecchie quelle che qui fanno politica e riflessione, ognuna ha una peculiarità
che la distingue dall'altra, un dono, un sapere o un semplice desiderio che la
rende riconoscibile, identificabile per tale diversità. Anche se queste
disuguaglianze vengono sempre tenute in conto nella distribuzione dei vari incarichi,
una disparità che passa inosservata o semplicemente non segnata, è
quella economica. Voglio parlare proprio di soldi, di quelli che a tutte noi servono
per vivere, argomento poco manifestato o indagato. Mi domando il perché:
quali sono i motivi, le reticenze che fanno questo vuoto nelle nostre relazioni?
Certamente oggi è più facile accorciare lo spazio che intercorre
fra gli estremi di povertà e ricchezza, nessuna più delle due è
così palesemente riconoscibile o ostentata. Il modo in cui ci vestiamo,
ci relazioniamo e ci comportiamo, ha smussato e livellato la rappresentazione.
Non è più consuetudine classificare una persona per gli abiti che
indossa, oppure escludere a priori relazioni con chi appartiene ad altri
ceti ed è più/meno preparato culturalmente. Comunque, dato che ognuna
di noi possiede e vive con una quantità di denaro diversa, ho fatto interviste
a molte donne, per indagare negli anfratti nascosti di questo tema, e far emergere
i punti nodali dall'esperienza viva di quelle che hanno parlato con me. La povertà,
per definizione, è mancanza di mezzi di sussistenza e la ricchezza è
possedere sostanze e denari oltre il normale. La definizione da manuale, però,
non contempla quello che io ho verificato: nel corso della mia indagine ho scoperto
che la maggior parte delle donne ha ridefinito la povertà, che diventa,
mancanza di tempo da dedicare al piacere e al desiderio. Viene così ribaltata
la coppia oppositiva "povertà-richezza" nella coppia "costrizione-libertà":
la priorità è data al tempo per sé, non al piacere venale
del possedere cose materiali. Gli esempi sono molto efficaci, e rendono chiaro
il cambiamento in atto: vengono nominati gioielli rinnegati per un viaggio, cene
al ristorante rimandate per un libro nuovo, uno spettacolo o concerto barattato
con un capo d'abbigliamento. Pochissime mi hanno confidato di essere ancora affascinate
dal profumo dei soldi e dell'importanza che attribuiscono al fatto di poter frequentare
persone ricche, cosa questa che cito solo per onor di cronaca, ma tengo a precisare,
che non la condivido. Mi è piaciuto notare che tutte le donne che guadagnano
poco più di quanto mediamente serve per garantirsi la vita in una città
come Milano, non si siano definite povere, anche se raccontano la fatica per far
quadrare un bilancio sempre al limite dello stipendio. Dicono la loro attenzione
a contenere le spese non necessarie, per questo motivo si sono inventate strategie
di economia: organizzare feste dove ogni invitata porta del cibo, limitare i costi
di trasporto facendo viaggi organizzati per più persone, dividendo una
casa in campagna con altre donne a rotazione, non pagare un prezzo alto per la
cultura usufruendo delle manifestazioni che vengono organizzate da associazioni
ed enti pubblici o scambiare capi di abbigliamento che non si usano più.
Non pochi guadagni possono arrivare dall'affittare una camera di casa a studenti
o persone che ne hanno bisogno per periodi più o meno lunghi. Queste nuove
forme di risparmio/guadagno, pensandoci bene, sono rese possibili dalla pratica
di relazione e affidamento che ci rende più sicure e più forti nel
condividere cose beni e spazi con altre e dalla grande capacità delle donne
di essere creative. Un altro spostamento importante, l'ho registrato sul significato
attribuito al possesso; alla domanda "Cosa faresti se improvvisamente diventassi
ricca?" (fatta naturalmente a chi non lo è già), quasi tutte
hanno risposto che dividerebbero i loro averi facendone regalo a parenti, amiche
o a persone bisognose. Cosa ci porta, e dico "ci" perché mi includo,
a essere diventate così generose a onta della risaputa avvedutezza e tirchieria
attribuita ai ricchi? Mi sono accorta che è emersa prepotente, una gioia
nuova ma univoca, che si colloca nel piacere di spartire il proprio benessere,
sarà merito della globalizzazione o che altro, non importa saperne di più,
prendo solo nota che l'avarizia come il potere e il patriarcato stanno facendo
la fila nei cimiteri del passato per le nuove potenziali ricche e per alcune ricche
consapevoli. Un'altra considerazione che ho tratto, quasi generalizzata, è
che le donne non hanno più paura della povertà, le meno giovani
riferiscono di aver già pensato a forme di investimento per la loro vecchiaia,
le venti/trentenni si sentono più sicure rispetto la generazione passata,
sia perché la famiglia di origine quasi sempre le ha sostenute (a volte
non solo economicamente), sia per la loro maggiore flessibilità nell'accettare
lavori oppure ad inventarsene di nuovi. Quelle che la povertà vera l'hanno
conosciuta, mi dicono che emotivamente ne sentono il timore, ma non di fatto.
Ho appurato di sicuro che le nuove donne postmoderne, dopo le lotte femministe,
oggi non concentrano nel rapporto di coppia la loro forza economica, ma consapevolmente
scelgono di lavorare per procurarsi una possibile vita di libertà da giocare
con altro/a o da sole. Vita povera? Ricca? Ma quanto? Quanto è tanto? Quanto
è poco? Qui non basterebbero più parole e fogli per raccogliere
tutti i pareri che ho ascoltato, neppure voglio riesumare Einstein con la sua
inflazionata relatività. Taglio corto con un sapere istintivo che non ha
bisogno di tante teorie: QUANTO A OGNUNA PUO' BASTARE. Per sentirsi ricca anche
se povera, o il contrario, non ha importanza "il quanto", serve solo
saperci felici e dignitose. La mia amica Laura Modini mi ha fatto notare che le
donne hanno un grande pudore a parlare di soldi, ma io voglio rinominare il termine
"pudore" in "dignità", perché è stata
questa la qualità che mi ha accompagnata per tutto il tempo delle interviste.
Mi sono resa conto che SIAMO MOLTO DIGNITOSE quando parliamo di povertà
e di ricchezza. Le interviste per mia scelta sono state fatte solo a donne.
Donne che frequento in Libreria e in altri contesti, che ritengo credibili e sincere
Certo, tutto è opinabile e discutibile. TU CHE MI LEGGI cosa ne pensi?
Vuoi dare un parere in più che allarghi le mie riflessioni? [email protected]
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